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Ieri eroi, oggi untori.

Sull’obbligo della vaccinazione anti-Covid per gli operatori sanitari  

Nei giorni scorsi il Consiglio dei ministri ha approvato il Decreto Covid di Pasqua, contenente le nuove Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da Covid-19 (DECRETO-LEGGE 1 aprile 2021, n. 44).

Qui il comunicato stampa del governo con i principali punti che il decreto affronta e qui il testo integrale del decreto, di fresca pubblicazione in G.U.

Tra lockdown, zone rosse, divieti su cosa si può e non si può fare a ridosso delle festività pasquali, c’è una norma che salta subito all’occhio: l’obbligo di vaccinazione per gli operatori sanitari che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali, inclusi quelli veterinari.

In caso di accertata mancata vaccinazione, scatta l’obbligo al trasferimento verso una mansione che non implica contatti interpersonali e rischi di diffusione del contagio, anche di livello inferiore. Se non c’è nessuna mansione disponibile e l’operatore si rifiuta ancora di adempiere all’obbligo vaccinale, è prevista la sospensione, senza stipendio, dall’esercizio della professione fino all’assolvimento dell’obbligo e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.

E’ previsto poi lo Scudo penale per medici, infermieri e chiunque altro somministri il vaccino anti-Covid (art. 3). Con questa norma si esclude esplicitamente la responsabilità del personale sanitario per omicidio colposo e lesioni personali colpose conseguenti alla somministrazione del vaccino anti-Covid, che pertanto non può essere indagato dai magistrati o citato in giudizio dalle parti lese.

 

E così, coloro che fino a dicembre 2020 erano acclamati come eroi nazionali, una risorsa pubblica imprescindibile, oggi diventano il pericolo numero uno per i cittadini, a tal punto da meritare addirittura di essere allontanati /sospesi dalle mansioni e lasciati senza retribuzione se non adempiono agli obblighi vaccinali. L’obbligo per i farmacisti, poi, che sono praticamente degli esercenti al pari di supermercati e profumerie (e infatti l’ingresso alle farmacie è ovunque contingentato) la dice lunga sul sostrato fortemente ideologico di questa decisione.   

 

La norma sulla sospensione della retribuzione è davvero vergognosa, perché toglie la possibilità agli operatori sanitari di sostenere se stessi e le proprie famiglie e li condanna all’accattonaggio. Davanti a questo scempio di diritti economici i sindacati, che dovrebbero essere sul piede di guerra, dove sono?

Della loro assenza nel dibattito non c’è da stupirsi più di tanto, ormai più nessuno li sente. Da anni è un costante e continuo accondiscendere alle richieste del grande capitale internazionale e multinazionale sull’abbassamento delle tutele nel mondo del lavoro. Non hanno battuto ciglio quando nel 2015 la loro parte politica, il PD, ha approvato il Jobs Act, che ha condannato al precariato tutta la gioventù italiana, figuriamoci se si scomodano per qualche operatore sanitario al tempo del Covid.

 

Ma la pochezza di questa previsione di legge è chiara già dalla forma: la decisione dell’obbligo vaccinale è stata presa in un Consiglio dei ministri della durata di poco più di due ore dove si discuteva anche di molti altri argomenti e si è tradotta in poche righe contenute in un decreto più generale che si occupa anche di molto altro. Disciplinare una materia così importante e complessa, così attinente la dignità umana e il rispetto della persona in questo modo sbrigativo è degno di un regime autoritario o comunque di scarsa qualità democratica. Sul tema dei vaccini occorrerebbe piuttosto organizzare una “tavola rotonda” dove a discutere e a confrontarsi sia la più ampia maggioranza, non solo politica – perché i politici non sono uomini e donne di scienza –  ma soprattutto scientifica, cioè fatta di uomini e donne di scienza di ogni orientamento e posizione. Non solo quindi i Burioni e i Galli di turno, che occupano le tv e i giornali ad ogni ora del giorno dall’inizio della pandemia, ma anche i Garavelli, i Montanari, le Bolgan.  

Da qui, tocca quindi ai giuristi utilizzare i suggerimenti e le verità emerse dal dibattito per disciplinare questa materia, tenendo conto sì dell’interesse collettivo alla salute ma anche e soprattutto tenendo conto delle conquiste più importanti dell’umanità, i diritti umani, e specificamente la libertà di scelta e di coscienza e la tutela della dignità e dell’integrità della persona, che nel campo della salute si traduce nel diritto di poter decidere in piena coscienza se e come curarsi. I diritti umani costituiscono i valori di base delle democrazie occidentali e meritano le tutele più ampie, a maggior ragione in un tempo come questo, dove si stanno ponendo molte limitazioni ai diritti e alle libertà.

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Vediamo ora in dettaglio le criticità della norma sull’obbligo vaccinale che, va ricordato, è contenuta in un decreto legge e perderà di efficacia se il decreto non sarà convertito in legge entro 60 giorni dalla pubblicazione in G.U. avvenuta il 1° aprile.  Potendo contare su un’ampia maggioranza parlamentare, è improbabile che non venga convertito in legge, ma le critiche e le accuse di illegittimità arriveranno a fiotti.

 

La prima e più importante criticità è che l’obbligo è in netto contrasto con le previsioni europee. La risoluzione del Consiglio d’Europa del 27 gennaio 2021 sui vaccini (Resolution 2361 (2021) ) ha stabilito che gli stati devono assicurarsi che:

- i cittadini siano informati che la vaccinazione NON è obbligatoria e che nessuno a livello politico, sociale o in altra forma può fare pressioni perché le persone si vaccinino se non lo scelgono autonomamente (art 7.3.1)

- nessuno venga discriminato se non vaccinato (art 7.3.2)

- si renda disponibile una chiara e trasparente informazione sui possibili effetti collaterali dei vaccini, lavorando in collaborazione con e regolamentando i social media per prevenire la diffusione della disinformazione (art 7.3.4)

Inoltre, gli stati devono:

- stabilire programmi di indennizzo per compensare chi ha riportato danni da vaccinazione (art 7.1.5).

Nota: viene usato il termine “undue damages”, traducibile come danni non giustificabili o sproporzionati, come a significare quelli che non sono lievi e temporanei, anche se il termine “undue” è passibile di molte interpretazioni.

- utilizzare i certificati vaccinali solo ed esclusivamente per il loto scopo di monitorare l’efficacia e i potenziali effetti avversi dei vaccini (art 7.5.2)

 

Dunque la risoluzione non solo vieta agli stati di imporre l’obbligo vaccinale, non solo vieta loro di imporre un passaporto vaccinale per viaggiare o per accedere ai servizi, ma addirittura li obbliga alla più ampia trasparenza nell’informazione sui vaccini per permettere la scelta ai cittadini se vaccinarsi o meno, e soprattutto prevede risarcimenti per i danni subiti dalla vaccinazione. Tutto questo è in linea con la Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina, mirata a salvaguardare il corpo umano e la sua integrità, e con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

 

In secondo luogo, l’obbligo vaccinale è in contrasto anche con la Costituzione italiana, che vieta il Trattamento sanitario obbligatorio – come di fatto è la vaccinazione obbligatoria – consentendolo solo nelle ipotesi previste dalla legge (ad esempio, per malattia mentale e con l’osservanza di precise garanzie per la persona da sottoporre a Tso). Cita l’art. 32: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”

 

Entriamo ora nel dettaglio delle criticità relative ai vaccini.

 

1) Si sono verificati gravi effetti avversi dopo la somministrazione

Negli ultimi mesi i media nazionali e internazionali hanno dato notizia di continui casi di persone che sono morte subito dopo aver fatto il vaccino o che hanno avuto gravi problemi fisici. Meno trattati dai media, ma comunque ben noti ai cittadini, sono poi gli effetti collaterali, anche se non così gravi come i primi, di molti che si sono vaccinati, a tal punto da essere costretti ad assentarsi dal lavoro anche per molti giorni.

Va detto che i casi di morte o di grave danno per la salute sono solo una piccola quota rispetto alla totalità dei vaccinati. Con l’introduzione dell’obbligo, però, i cittadini che ne sono sottoposti sono di fatto costretti a partecipare ad una roulette russa con una pistola a tamburo contenente un proiettile e tanti fori vuoti. Le probabilità che il gioco vada male non sono alte, è vero. Ma vorrei vedere cosa ne pensa il cittadino a cui tocca la pallottola, quello che muore (o meglio cosa ne pensano i suoi parenti) o quello che resta paralizzato o ha una trombosi.

 

2) Il vaccino non previene il contagio

Con il vaccino si può prendere il virus e si è veicoli del virus. Lo dice apertamente l’Istituto Superiore della Sanità nel Rapporto n. 4/2021 del 13 marzo 2021 

Nella pagina dell’ISS sulle FAQ del vaccino (16 marzo, link https://www.iss.it/covid19-faq )

addirittura leggiamo: “Una persona vaccinata con una o due dosi deve continuare a osservare tutte le misure di prevenzione quali il distanziamento fisico, l’uso delle mascherine e l’igiene delle mani, poiché, come sopra riportato, non è ancora noto se la vaccinazione sia efficace anche nella prevenzione dell’acquisizione dell’infezione e/o della sua trasmissione ad altre persone.

Del resto, che si possa contagiare anche dopo la vaccinazione l’avevamo capito anche senza bisogno della conferma dell’ISS: da tre mesi leggiamo notizie di positivi dopo aver fatto una o entrambe le dosi.

Inoltre, il vaccino non è efficace contro le varianti. Qui le parole dell’infettivologo Galli, che peraltro riprende informazioni già divulgate dall’ISS sempre nel Rapporto n. 4/2021 del 13 marzo.

Ad oggi non c’è nessuna differenza tra vaccinati e non vaccinati, sia in termini di possibilità di veicolare il virus che di contrarlo, e infatti entrambe le categorie sono sottoposte alle stesse limitazioni personali, inclusa l’osservanza di tutte le misure di sicurezza. E dunque perché mai ci si dovrebbe vaccinare?

 

3) I dati sulla sicurezza ed efficacia sono insufficienti o non noti

I vaccini sono alla fase iniziale della sperimentazione e non se ne conoscono gli effetti di breve, medio e lungo termine. Sappiamo, perché è stato ripetuto spesso negli ultimi tempi, che per la sperimentazione dei vaccini servono almeno 10 anni. E’ scritto in una comunicazione della Commissione europea del 17.6.2020, dove si legge: “In genere per sviluppare un vaccino ci vogliono più di 10 anni. Lo sviluppo di un vaccino sicuro ed efficace è infatti un processo altamente complesso. Gran parte di potenziali vaccini non superano la fase delle sperimentazioni cliniche.” Il virologo Burioni lo ammette tranquillamente in diretta mentre, in preda ad algida euforia, riceve la prima dose di vaccino: “Per me è un momento molto emozionante. Abbiamo fatto in un anno quello che tipicamente si fa in più di dieci anni”. 

Non c’è da rallegrarsi nel commercializzare un vaccino dopo pochi mesi dalla sua produzione, c’è da essere invece preoccupati. Ed è la logica che ce lo dice: se lo standard scientifico, che immagino essere sempre stato altissimo, prevede così tanti anni di sperimentazione e messa a punto è perché evidentemente questi anni servono tutti per garantirne la sicurezza e l’efficacia a breve, medio e lungo termine.  Con una sperimentazione di pochi mesi, invece, i cittadini diventano vere e proprie cavie umane.

Questo aspetto è particolarmente importante se si pensa che i cittadini sono obbligati a firmare il consenso informato sugli effetti del vaccino prima di sottoporsi a vaccinazione, di fatto firmando un consenso che non ha valore, non essendo disponibili informazioni sufficienti sui benefici e sui rischi.

 

4) I vaccini sono accompagnati da esoneri di responsabilità civile e penale.

Cosa dovrebbe pensare un cittadino dello scudo penale, che lo priva del diritto di avere una legittima compensazione per il danno subito dalla vaccinazione? O del rifiuto delle case farmaceutiche, inserito nei contratti di fornitura, di assumersi la responsabilità in sede civile, quindi di risarcimento, per i danni causati dai vaccini?

Queste decisioni parlano da sé: ammettere lo scudo penale per chi somministra i vaccini o accettare che le case non risarciscano i danni equivale ad ammetterne la rischiosità. Se così non fosse, se i vaccini fossero sicuri ed efficaci, come ci dicono Tv e testate giornalistiche da mesi, o nella peggiore delle ipotesi si limitassero a lievi malesseri che scompaiono da soli dopo poco, come ci dice il sito dell’Aifa alla pagina delle FAQ, non ci sarebbe bisogno di scudi penali ed esoneri di responsabilità.

Un’ammissione esplicita di rischiosità dei vaccini peraltro la fanno anche le case farmaceutiche, e di rimando virologi e politici, quando sostengono che i benefici sono maggiori dei rischi. In altre parole le case farmaceutiche sono consapevoli che i vaccini possono comportare effetti avversi anche gravi e, ciononostante, hanno preteso e ottenuto dall’Unione Europea di inserire nei contratti di fornitura clausole di esonero di responsabilità.

Il permissivismo e la leggerezza della Commissione europea sulla gestione delle forniture è stata imbarazzante e un insulto ai cittadini europei. Oltre all’esonero di qualsiasi responsabilità, la Commissione ha avuto il coraggio di accettare anche che le case farmaceutiche non venissero in alcun modo sanzionate per i ritardi o le mancate forniture agli stati. E tutto questo a fronte dei profitti multimiliardari che stanno facendo grazie alla pandemia.

 

5) C’è infine la questione più generale del diritto all’integrità del corpo e della libertà di scelta

È un fatto democratico: i cittadini delle moderne democrazie hanno il diritto alle più ampie garanzie di tutela della loro libertà di scelta e dell’integrità del loro corpo.

È vero che l’esigenza di autodeterminazione del singolo si deve contemperare con l’esigenza di tutela della società nel suo complesso, ma nel caso si stabilisca di far prevalere la tutela della salute di tutti e imporre il vaccino questo deve avvenire in maniera leale e trasparente, ossia deve basarsi sulla accertata sicurezza del farmaco e sull’esistenza di un pericolo reale per la popolazione. Ora, nulla si può dire della sicurezza del vaccino, essendo alle prime fasi di sperimentazione. Quanto al pericolo reale, i dati che OSM e Protezione civile per l’Italia ci mettono a disposizione dicono che la stragrande maggioranza della popolazione è guarita dopo aver contratto il virus. Il tasso di mortalità del Covid è invece molto basso.

Il fatto poi che l’UE, per mano della Commissione europea, abbia firmato contratti di fornitura su cui le case farmaceutiche hanno imposto l’obbligo di segretezza è inquietante, oltre che uno schiaffo a quella trasparenza che è condizione essenziale di qualsiasi decisione presa in nome dei cittadini.

La secretazione dei contratti deve immediatamente fare alzare le antenne sugli intenti reali delle case farmaceutiche e sulla considerazione che queste hanno per il benessere e i diritti delle persone, che devono essere tenute all’oscuro di ciò che tuttavia viene loro imposto con la forza.

 

Alla fine di questa disamina delle criticità dell’obbligo vaccinale si può dire che ad oggi nella migliore delle ipotesi i vaccini anti-Covid sono inutili o poco efficaci, nella peggiore sono dannosi o addirittura mortali, e solo per questo l’obbligo non doveva essere imposto a nessuno.

Naturalmente va ricordato che i morti e coloro che sono rimasti danneggiati dopo la somministrazione avevano ricevuto vaccini alle primissime fasi della sperimentazione ed è solo logico ipotizzare che le case farmaceutiche ne modificheranno in meglio la composizione alla luce dei nuovi casi e delle nuove scoperte che si avranno andando avanti con la sperimentazione, rendendoli quindi sempre più sicuri ed efficaci.  

 

Il problema di fondo che ha portato all’obbligatorietà dei vaccini anti-Covid è che il sistema di potere vigente, per mano dei governi e delle istituzioni politiche, ha deciso di percorrere da subito solo ed esclusivamente la strada della vaccinazione. Qualsiasi strada alternativa è stata sminuita se non proprio demonizzata.

 

Ma affermare che non esistono forme di prevenzione e terapie efficaci contro il Covid è falso. Milioni di persone sono guarite senza vaccinazione e la stragrande maggioranza non è stata neanche contagiata pur non avendo fatto la vaccinazione. Ci sono molte reti di medici che offrono cure domiciliari con risultati ottimali, prescrivendo ai pazienti farmaci e terapie appropriate. È importante uscire dalla trappola ideologica della vaccinazione come unica via e cominciare a guardare anche alle cure alternative, come sostengono i tanti medici e virologi che non trovano spazio nelle trasmissioni tv e sui giornali di mainstream, tutti orientati a sostenere la narrazione ufficiale. Fermo restando, naturalmente, che chi vuole fare il vaccino ha il diritto di farlo.

 

Pietro Luigi Garavelli, primario del Reparto di malattie infettive dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara, come altri colleghi sostiene addirittura che “non ci si deve mai vaccinare durante una epidemia, perché il virus reagirà mutando, producendo varianti e sarà sempre più veloce di noi.” E poi, da non no-vax afferma: “Se servisse a debellare il virus sarei pronto anche ad accettare una percentuale di eventi avversi. Il punto è che come lo si sta facendo non ha speranza di essere risolutivo.” (Qui l’intervista ad affaritaliani.it)

Loretta Bolgan, ricercatrice di chimica e farmacologia e consulente scientifica in tema di vaccini, rincara la dose: “Questi vaccini, potrebbero fungere da catalizzatore nella formazione di varianti, sui quali non solo sono inefficaci, ma possono anche avere un profilo di patogenicità diverso. Quindi, potremmo anche avere dei virus più pericolosi dal punto di vista della neurotossicità o dell’immunotossicità”. (Qui l’intervista rilasciata a mittdolcino.com)

Che fare dunque?

Ribadiamo ancora una volta questi fatti noti e incontrovertibili: la stragrande maggioranza delle persone che ha avuto il Covid è rimasta a casa ed è guarita (e ha sviluppato gli anticorpi). Una minoranza è finita in ospedale. Una esigua minoranza sul totale dei contagiati è morta. Il virus ha sì una altissima rapidità di diffusione ma una bassa mortalità. Le persone più a rischio sono per la maggioranza gli anziani e quelle con patologie.

È dunque prima di tutto ai più fragili che devono essere rivolte le cure e le attenzioni di chi detiene il potere decisionale, liberando gli altri, che hanno una minore o addirittura bassa probabilità di ammalarsi, e lasciando che si raggiunga l’immunità di gregge.

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Nella figura qui a fianco sono riportati i dati della Protezione civile al 6 aprile 2021 (media nazionale dall’inizio della pandemia). Il tasso di mortalità del Covid, ovvero il rapporto tra il numero dei deceduti e il totale dei contagiati è 111.747 : 3.686.707 = 0,03  ossia del 3%

Proviamo a disgregare un po’ questo dato del 3%, che si riferisce alla media della popolazione su tutto il territorio, per vedere quali sono le fasce più a rischio.

In base all’ultimo rapporto dell’ISS sulla mortalità del Covid del 30 marzo 2021  l’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 81 anni; l’età media dei decessi settimanali è andata sostanzialmente aumentando fino agli 85 anni (1° settimana di luglio 2020) per poi calare leggermente; solo l’1% dei pazienti deceduti e positivi era di età inferiore ai 50 anni.

La stragrande maggioranza dei decessi (97%) riguarda persone che avevano una o più malattie pregresse all’infezione. Si legge infatti che: “complessivamente, 210 pazienti (3,0% del campione) presentavano 0 patologie, 815 (11,7%) presentavano 1 patologia, 1292 (18,5%) presentavano 2 patologie e 4675 (66,9%) presentavano 3 o più patologie.

 

Altre interessanti informazioni le fornisce il report dell’ISS e dell’ISTAT del 5 marzo 2021 sull’impatto del Covid sulla mortalità dell’anno 2020. 

Il primo dato che colpisce è che il tasso di mortalità delle persone al di sotto dei 50 anni dell’anno 2020 è addirittura diminuito rispetto a quello del quinquennio 2015-2019, un fattore dovuto certamente anche ai lockdown, che hanno diminuito gli incidenti stradali.

Andando più nel dettaglio, nel report si legge con poca sorpresa che nell’anno 2020 il totale dei decessi per il complesso delle cause è stato il più alto mai registrato dal secondo dopoguerra: 746.146 decessi, 100.526 decessi in più rispetto alla media del quinquennio 2015-2019 (15,6% di eccesso).

Il contributo dei decessi Covid-19 alla mortalità totale è stato, a livello medio nazionale, del 10,2%, con differenze fra le varie aree geografiche (14,5% al Nord, 6,8% al Centro e 5,2% al Sud). Per quanto riguarda le fasce di età vediamo che i decessi Covid rappresentano il 4,6% del totale nella fascia di età 0-49 anni, il 9,2% in quella 50-64 anni, il 12,4% nella classe di età 65-79 anni e il 9,6% per i deceduti di ottanta anni o più.

 

Infine, nel Bollettino di sorveglianza integrata dell’ISS del 10 marzo 2021, si legge che è stato osservato un aumento del tasso di mortalità da Covid-19 con l’aumentare dell’età dei pazienti, e nello specifico (v. Tabella 5 pag. 23): dello 0% fino a 39 anni, dello 0,2% (cioè meno di una influenza) da 40 a 49 anni, dello 0,6% da 50 a 59 anni, del 2,7% da 60 a 69 anni, del 9,4% da 70 a 79 anni, del 19,8% da 80 a 89 anni e del 26,7% oltre i 90 anni.

Sono dati certamente non spaventosi, che confermano la bassa mortalità di questo virus come media nazionale, una mortalità inesistente o irrisoria per i giovani e gli adulti entro i 50 anni, e significativa solo per gli ultra settantenni e ottantenni, che costituiscono da sempre le categorie più fragili. I dati dimostrano anche chiaramente come gli operatori sanitari obbligati a vaccinarsi, che sono in età lavorativa, hanno una probabilità bassa di ammalarsi e insignificante di morire. E nonostante questo si è preferito decidere di allontanarli anziché utilizzare la loro professionalità e le loro competenze per curare gli ammalati, non solo di Covid.

 

Allo stesso modo, questi dati pongono in una luce diversa l’obbligo vaccinale sotto il profilo giuridico. Abbiamo visto che nel caso dell’imposizione di un trattamento sanitario la scelta che il legislatore deve fare è tra l’autodeterminazione della persona e la salute pubblica. È chiaro che per obbligare alla vaccinazione, cioè per privilegiare il diritto della collettività su quello individuale, ci deve essere un pericolo reale e concreto per la stessa. E su cosa sia e cosa comporti questo pericolo reale si basa anche il giudizio dei decisori e la soluzione del dilemma.

 

Per sacrificare o conculcare la libertà di un individuo, che si offre quasi in sacrificio contro i suoi stessi principi e valori, il significato di “pericolo reale e concreto” non può che essere il più grave possibile, un vero e proprio flagello per l’umanità, che comporta la morte o gravi danni per ampie fasce della popolazione. Pericolo reale e concreto è quello che poneva, ad esempio, la peste nera del 1300. O il vaiolo. O la poliomielite nel secondo dopoguerra. La vicenda di Rosanna Benzi, costretta a vivere per 27 anni in un polmone d’acciaio dopo aver contratto la polio in adolescenza, è ben nota. In questi casi il diritto alla salute pubblica è forte e può prevalere sul diritto alla libera scelta.

 

Ma la pandemia da coronavirus, con i suoi numeri, è ben lontana da queste catastrofi e dunque non può essere un atteggiamento catastrofico quello che si deve adottare per affrontarla. Purtroppo, nella scelta tra le due strade, diritto individuale o diritto collettivo, entrano spesso in gioco mistificazioni e ideologie forti, che hanno lo scopo di portare il pendolo verso la soluzione che fa gli interessi dei più forti. È indubbio che qui i più forti sono i potenti, le élite internazionali e le loro multinazionali del farmaco e della salute, i cui profitti astronomici dipendono proprio dalla presenza di malattie e dallo stato di salute dei cittadini. Se fossimo sempre sani o se si lasciasse passare il messaggio che di Covid si guarisce a casa, quelle multinazionali, anziché i colossi che sono, sarebbero al massimo aziendine di periferia di paese.

 

Il rischio verso cui stiamo andando è che per qualunque cosa si decida di ricorrere alla vaccinazione obbligatoria, che a questo punto diventerebbe un fatto di routine, anche per l’influenza, come peraltro stanno già facendo in alcune parti degli Stati Uniti, dove non si può nemmeno mandare i figli a scuola senza che abbiano fatto il vaccino antinfluenzale. I leader mondiali hanno già cominciato a mettere le mani avanti: “il 21° secolo sarà pieno di pandemie e solo il vaccino potrà salvarci”, hanno sentenziato. Ma questo significa la banalizzazione di un procedimento tanto grave come il Tso che, a questo punto, costituirebbe una violazione vera e propria dell’art. 32 della Costituzione. Non c’è dubbio che, in questo senso, il Covid darà inizio ad una battaglia molto grande, non solo per l’Italia.  

 

Prima di chiudere, voglio dire qualcosa sull’atteggiamento tenuto dai media nel dare le notizie dei morti da vaccini anti-Covid.

 

È stato introdotto lo scudo penale per i sanitari che vaccinano e le case farmaceutiche sono state esonerate in sede di responsabilità civile. Ma allora la responsabilità dei danni provocati da vaccino chi se la assume?

 

La soluzione trovata dal sistema di potere nella veste dei media (Tv, giornali, radio) e dei politicanti di rimando è semplice: non ci sono danni da vaccini anti-Covid! Ufficialmente non devono essere ammessi. Bisogna affermare sempre e ovunque che i vaccini sono efficaci e sicuri, e negare sempre e ovunque che producano disturbi gravi o addirittura la morte, anche quando il buon senso suggerirebbe l’opposto.

 

Tra gli innumerevoli casi di persone morte dopo essersi vaccinate cito qui, a titolo di esempio, quello dell’insegnante 62enne di Napoli, Annamaria Mantile. La sua storia è nota: il 27 febbraio, dopo meno di due ore dalla somministrazione del vaccino, avverte forti dolori allo stomaco e attacchi di vomito violento, che non scompaiono neppure con i farmaci antispasmodici prescritti dal medico di famiglia. Quattro giorni dopo muore tra atroci sofferenze e sotto lo sguardo attonito dei parenti.

Il fratello, il sociologo Sergio Mantile, intervistato da Fanpage.it dice: “Annamaria non aveva alcuna patologia, era una persona salutista, non fumava, non assumeva alcol, camminava anche quattro o cinque chilometri al giorno, era molto attenta alla salute. Aveva solo una lieve tendenza all'aumento del colesterolo e prendeva degli integratori naturali.” E poi: “anche le sue colleghe le avevano raccontato di essere state male dopo il vaccino e questo l'aveva spaventata molto, al punto che non avrebbe voluto fare il vaccino.”

Altri dettagli Mantile li racconta in questa intervista radio a Border Nights e alcuni sono davvero raccapriccianti, come ad esempio il fatto che poco prima di spirare, in preda a convulsioni e dolori atroci, dalla bocca della sorella fosse fuoriuscito un liquido verde.

 

Anche un imbecille si renderebbe conto che a uccidere quella donna è stato il vaccino fatto 2 ore prima. C’è un chiaro nesso causa-effetto. Stava benissimo, mangiava bene, andava sempre a camminare e a correre e non è mai successo niente. Il giorno che fa il vaccino invece si sente subito male e muore. Va bene che le malattie possono sempre capitare, ma non capitano a caso dal niente, qualcosa deve averle provocate. E cosa mai può aver provocato nell’insegnante una reazione fisica così violenta se non il vaccino appena inoculato? Si può pensare anche ad altre cause quando gli effetti negativi si manifestano dopo molti giorni o addirittura mesi dalla vaccinazione, ma non dopo due ore. E’ buon senso e capacità di vedere, che la retorica scientifica cerca di annichilire e mortificare.

 

Ma cosa dicono invece autorità sanitarie e leader politici? La prof. muore il 2 marzo e immediatamente si affrettano a confermare a reti unificate la bontà e l’efficacia dei vaccini. “Non bisogna mettere sotto accusa il siero” dice, tra le altre voci, Annamaria Colao, docente di endocrinologia alla Federico II di Napoli. Qui l’intervista a Repubblica, dove addirittura sostiene che non può essere stato il vaccino ad uccidere l’insegnante perché le reazioni sono durate 4 giorni... Un vaccino di nuova immissione sul mercato in fase di sperimentazione e di cui non si conoscono ancora gli effetti non può, a detta di questa signora, produrre quegli effetti. E se lo dice lei...

Ad ogni modo, nei giorni successivi tutti i giornali cominciano a diffondere la notizia che la prof. non è morta per il vaccino, che l’autopsia è stata fatta e ha dimostrato che non c’è nessuna correlazione.

 

Bene, nell’intervista radio (min. 21:16 e ss) Sergio Mantile dice chiaramente che il giorno stesso della morte della sorella il magistrato aveva disposto un’autopsia completa con ben quattro medici per essere sicura di avere un risultato esaustivo, e che lui stesso, tramite il suo avvocato, aveva incaricato quattro periti di parte per controbilanciare. Il magistrato avrebbe poi spiegato ai famigliari che per i risultati ci sarebbero voluti almeno 2 mesi, forse anche 3 o 4 e che ci sono stati casi in cui ce ne sono voluti anche 7 o 8. Ma il giorno dopo il decesso, senza che ci fosse quindi nessuna verità ufficiale, un giornalista scrisse sul suo giornale – il fratello non fa nomi e non li farò neanch’io, e comunque la notizia è stata ripresa anche da altri – che era stata fatta l’autopsia e che non c’era nessuna correlazione con il vaccino. Questo è un vero e proprio FALSO GIORNALISTICO, che ha conseguenze pericolosissime non solo sul piano etico e deontologico. Commenta infatti Mantile: “È atroce ciò che questo giornalista sta facendo, perché sta costruendo nella percezione di chi lo legge un’idea di ufficialità che non c’è assolutamente e mi sembra strano che da operatore della comunicazione non lo sappia e l’abbia fatto così in modo sprovveduto.” Questo giornalista dovrebbe essere radiato dall’albo per indegnità e invece continua a scrivere impunemente e senza vergogna.

 

Dall’inizio della campagna vaccinale a dicembre 2020 non c’è stato un giorno in cui i giornali non abbiano dato notizia di qualcuno che è morto dopo aver fatto il vaccino. E non solo con AstraZeneca, che in questi giorni sta mietendo vittime su vittime, ma anche Pfizer, Moderna, Johnson&Johnson… i morti ci sono stati con tutti i vaccini. A proposito di Pfizer, che è considerato quello più sicuro, va ricordato tra gli altri il caso eclatante dei 23 anziani morti in una casa di riposo in Norvegia subito dopo la vaccinazione. E quando non si tratta di morti si tratta di trombosi, paralisi o altri gravi danni fisici.

 

In tutti questi casi media, politici e autorità sanitarie, pur di non frenare la campagna vaccinale, si sono sempre affrettati a minimizzare o a negare la responsabilità del farmaco. Il titolo di giornale standard che è stato propinato all’opinione pubblica è: “morto/a dopo aver fatto il vaccino, autopsia esclude correlazione”, e anche “correlazione morte-vaccino non dimostrabile”. Dunque, nonostante non sia possibile produrre evidenze di una correlazione in poco tempo, per i media non c’è nessuna correlazione. Ma se non si può stabilire una correlazione, non si può stabilire. Punto. Se non possiamo affermare che è stato il vaccino, allo stesso modo non lo possiamo negare. È questione di logica. E proprio per questo bisognerebbe adottare la massima prudenza, anziché pretendere che i cittadini si sottopongano a questo rischio, lasciare che ognuno si faccia la propria opinione e agisca di conseguenza.

 

Questa presa di posizione netta del sistema di potere a favore dei vaccini ha avuto anche l’effetto di acuire lo scontro, già esistente da anni, tra i pro-vax, ferventi vaccinisti, e i no-vax, contrari per principio ai vaccini.  Il fatto è che la polarizzazione tra queste due categorie all’estremo delle opzioni vaccinali ha fomentato una guerra a tutto campo foriera di odio e di tensioni. È stata costruita ad arte una contrapposizione ideologica tra due sole categorie di persone e si sono ignorate quelle che hanno posizioni intermedie.

 

La narrazione oggi dominante offerta soprattutto dai media è che chi rifiuta il vaccino anti-Covid è un no-vax a prescindere, dunque una persona irragionevole e antiscientifica, pericolosa per sé e per gli altri, qualcuno da cui c’è da guardarsi.  Quello che non si dice è che esiste – ed è molto corposa –  una categoria di persone a metà strada tra questi due estremi che è invece molto ragionevole e per nulla antiscientifica, che non è a priori contro i vaccini ma ha a cuore la propria salute e vuole avere il diritto di essere informata e di fare le proprie scelte, come si conviene in una società libera e democratica. Soprattutto viste le criticità presentate dai vaccini anti-Covid, che ci portano di fatto ad essere cavie umane.

A queste persone i media non danno mai voce e anzi, nei loro articoli e nelle loro prese di posizione pseudo ufficiali, evitano di menzionare ogni posizione di mezzo tra pro-vax e no-vax, e riducono ogni remora, ogni obiezione legittima all’essere semplicemente contro i vaccini per partito preso. In questi mesi abbiamo visto usare lo strumento della denigrazione e della delegittimazione di chiunque non abbracciasse entusiasta la campagna vaccinale. Virologi esperti che hanno ammonito sull’uso dei vaccini anti-Covid mentre la pandemia è in atto, poi, sono stati censurati ed esclusi dal dibattito pubblico, e negli spazi televisivi e dei giornali sono stati loro preferiti gli ultrà della vaccinazione a tutti i costi e come unica via. Quei cittadini che legittimamente sono andati in piazza a protestare per essere stati costretti dal governo di concerto con il Comitato tecnico scientifico sull’orlo del fallimento, sono stati bollati come no-vax, negazionisti, idioti… Eppure sono convinta che questi  miopi e inadeguati giornalisti di stampa e tv, se anziché vedersi garantito un sostanzioso stipendio a fine mese fossero stati ristoratori o commercianti o imprenditori del turismo con famiglia a carico, si sarebbero uniti alle proteste con vigore, anziché puntare il dito per accusare di lesa maestà chi è allo stremo e non ce la fa più.

Personalmente non sono una no-vax, ma non ritengo affatto i no-vax pericolosi o folli, la loro è una posizione assolutamente legittima in una società democratica dove le libertà personali sono e devono essere tutelate. Così come chi vuole vaccinarsi deve vedere garantita la possibilità di farlo in modo sicuro ed efficace, chi non vuole non deve essere obbligato a farlo e non deve essere discriminato per questo. L’integrità del corpo è sacra e da questa conquista non si può tornare indietro, con buona pace degli inquisitori sanitari ferventi pro-vax.

L’obbligo vaccinale può essere ammesso – e solo in condizioni di sicurezza ed efficacia del farmaco, che deve aver terminato la fase sperimentale – in situazioni eccezionali, nel caso di gravi flagelli per l’umanità e in presenza di alti tassi di mortalità, dove il vaccino si presenta oggettivamente come l’unica via. Negli altri casi, inclusa la pandemia Covid per i bassi numeri di mortalità e per le alternative di cura, l’obbligo non può essere ammesso. L’integrità del corpo umano non può essere violata per cercare di debellare qualsiasi cosa, persino un’influenza… Per il vaccino anti-Covid, che è all’inizio della fase sperimentale e di cui molti effetti sono ignoti, ogni persona deve poter decidere se farlo oppure no e quindi rischiare di portarne le conseguenze se dovesse andare male (peraltro non compensate né in sede civile né in sede penale), e non può essere sottoposta a forza a una roulette russa.

Ed è da condannare qualunque politico o politica e qualunque uomo o donna di legge che sostenga una visione del mondo incompatibile con il rispetto della libertà e della dignità umana.

 

 

Monica Maria Vittoria Morandi

(aprile 2021)

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